Post su Facebook e violazione della normativa privacy: un nuovo provvedimento del Garante

Le piattaforme sociali sono arrivate a costituire una componente abituale e spesso fondamentale del vissuto della maggior parte di noi.
L’ambiente social, in continua evoluzione, è oggi popolato da interfacce sempre più accattivanti, che si inseriscono nella nostra quotidianità con immediata naturalezza, tant’è che spesso le tradizionali abitudini comunicative, più che essere filtrate attraverso di esse, ne sono verosimilmente alterate.
È il caso di alcune operazioni, come la stessa condivisione dei c.d. “post” o della creazione delle cerchie di “amicizia” (e parallelamente di restrizione nei confronti di determinate categorie di conoscenti), che hanno raggiunto livelli di definizione prima d’ora mai sperimentati, come nel caso del ben noto social network Facebook.

Il recente provvedimento emanato dal Garante Privacy contribuisce proprio ad arricchire l’interpretazione del Codice della privacy in rapporto all’attuale stato di evoluzione tecnologica, per quanto concerne in particolare le forme di interazione personale che avvengono attraverso i social network.
Il Garante è intervenuto per esprimersi sia in merito al contenuto, che alle modalità di condivisione di determinati contenuti attraverso il c.d. profilo Facebook. Procedendo con ordine, l’origine della vicenda in questione risale all’iniziativa di una donna che aveva ritenuto opportuno condividere con la sua ristretta cerchia di “amici” i contenuti di due sentenze emesse dal Tribunale di Tivoli, relative alla cessazione degli effetti civili del proprio matrimonio, pubblicate tramite alcun post pubblicati sul proprio profilo.
La divulgazione dei provvedimenti giurisdizionali, in cui erano riportati delicati aspetti di vita familiare, non è sfuggita tuttavia all’attenzione dell’ex-marito, che ha immediatamente lamentato una violazione del diritto alla riservatezza della figlia minorenne.

L’Autorità, intervenuta a seguito della segnalazione dell’ex-marito, ha ritenuto che la divulgazione dei contenuti postati dalla donna fosse incompatibile con quanto stabilito dal Codice nel quale si vieta la pubblicazione “con qualsiasi mezzo” di notizie che consentano di risalire all’identificazione di un minore coinvolto in procedimenti giudiziari, nonché la diffusione di informazioni atte a facilitare il riconoscimento, anche indiretto, delle parti coinvolte in procedimenti in materia di famiglia. Ad aggravare poi i fatti ha contribuito un fattore intrinseco nelle dinamiche dei social network, evidentemente trascurato dalla donna al momento della pubblicazione: l’estrema pervasività della divulgazione su Internet.
A parere del Garante non può essere provata la persistente natura chiusa del profilo e dunque la persistente accessibilità a un gruppo ristretto di “amici”, poiché l’opzione di apertura dei contenuti resta facilmente modificabile, in ogni momento da parte dell’utente. A questa variabile occorre sommare poi la possibilità che un “amico” condivida il post sulla propria pagina, rendendolo visibile ad altri soggetti e determinando così un meccanismo di conoscibilità “dinamica”, a macchia d’olio per intenderci, tale che il contenuto possa essere potenzialmente esteso a tutti gli iscritti della piattaforma. Non ultimo la donna avrebbe anche trascurato un elemento che l’Autorità ha invece ritenuto essenziale annoverare tra gli elementi utili per la ricostruzione del quadro interpretativo della vicenda: la presenza nella cerchia di amici stessa della figlia minorenne, che ha assistito direttamente all’esposizione pubblica di vicende strettamente personali legate ai trascorsi del suo nucleo familiare.

Di fronte all’evolversi del modus operandi comune, i giuristi, così come il Legislatore e lo stesso Garante non possono che adeguare la propria visione, non già rivolgendosi al domani, bensì al dopodomani, al fine di orientare i comportamenti della società anche e specialmente all’interno delle nuove dimensioni liquide, che devono parimenti essere soggette ad un’attenta impostazione dei comportamenti, nel rispetto della normativa vigente. Il filtro tecnologico non deve alterare pertanto la corretta percezione delle dinamiche sociali.